"Coscienza, medicina e alternative al sangue
Attualità in tema di rifiuto emotrasfusionale"
Presidio
Zona Valtiberina
Sabato 25 marzo ore 8,30
Via F. Redi, 13
- Ospedale di Sansepolcro – Ar
Dott.ssa Paola Vannini
Responsabile Servizio Trasfusionale Zona Valtiberina
"La
casistica sul buon uso del sangue e delle alternative nel Presidio
Valtiberina. Problematiche attuali ed emergenti nei rischi
infettivologici.
Proposte operative in Valtiberina per un buon uso
delle metodiche mediche, chirurgiche e strumentali alternative al
sangue a favore di tutta la collettività".
Mi
è gradito porgere un cordiale saluto a tutti i presenti e un
ringraziamento agli organizzatori di questo Seminario che ci permette
di prendere in considerazione un argomento troppo spesso
sottovalutato quale è quello del "buon uso del sangue".
In
veste di "vampira" del Presidio della Valtiberina , non
appena ho ricevuto l'invito a questo incontro, ho provato la
tentazione di vestire i panni dell' "avvocato difensore"
della terapia trasfusionale; successivamente invece ho colto
l'occasione per valutare serenamente la nostra casistica cercando
anche di considerare tutte le alternative disponibili che
permettessero un miglioramento qualitativo delle nostre
prestazioni.
Nell'incontro sul tema "Donazione di organi:
conoscere, capire, condividere" che ha avuto luogo ad Arezzo il
4 marzo u.s., il Prof. Franco Mosca, Direttore del Centro Trapianti
di Fegato di Pisa ha riferito con notevole entusiasmo sul buon esito
del trapianto di fegato e pancreas su una giovane donna avvenuto
nella estate scorsa senza che siano state utilizzate trasfusioni di
sangue durante tutto l'intervento.
Anch'egli, come noi tutti
presenti del resto, salutava questo evento come molto positivo ed
auspicava anche per il futuro un grosso impegno per un "buon uso
del sangue".
D'altra parte, il fatto stesso che tale evento
fosse considerato eccezionale può far pensare che, di norma, il
trapianto di un organo non abbia sufficienti garanzie di riuscita se
non accompagnato da adeguata terapia trasfusionale.
Sta di fatto
che questo primo risultato positivo non può non far riflettere e
necessariamente apre nuove prospettive.
Allo stato attuale, in
Italia, i tipi di patologie e i relativi trattamenti sembrano
comportare un continuo aumento di richieste di sangue , tant'è che
nonostante il continuo aumento di donazioni siamo ancora lontanissimi
dall'autosufficienza: per questo è compito di ogni medico valutare
le effettive necessità al fine di evitare atti terapeutici
inadeguati. Non dimentichiamo, infatti, che se è sempre obbligatoria
la valutazione della appropriatezza di ogni atto terapeutico, lo è
ancora di più per la terapia trasfusionale in senso lato , tanto che
nel D.M. 15/1/1991 il legislatore afferma esplicitamente che "la
trasfusione di sangue ed emoderivati è una pratica terapeutica non
esente da rischi e necessita del consenso informato da parte del
ricevente".
Ciò premesso e dovendo io relazionare sulla
"casistica sul buon uso del sangue nel Presidio della
Valtiberina" mi è gradita l'occasione per fare una valutazione
quanto più possibile attenta sull'utilizzo del sangue e degli
emoderivati , anche al fine di avere tutti noi degli utili indirizzi
comportamentali.
Nell'anno 1999 sono state prodotte presso il
nostro Servizio Trasfusionale 3.415 unità.
Di queste 137 erano
autotrasfusioni effettuate principalmente su pazienti ortopedici
seguendo protocolli ormai collaudati e ben accettati da
pazienti.
Delle 137 autotrasfusioni ne sono state reinfuse 118 in
sede intraoperatoria o nel decorso post- operatorio.
Credo di
poter dire che l'autotrasfusione è un ottimo sistema alternativo e
rientra a pieno titolo nel concetto del buon uso del sangue.
Per
facilitare le autotrasfusioni ai pazienti più anziani o più
debilitati sono state consigliate terapie con ferro e con acido
folico al fine di evitare, quanto più possibile , terapie
trasfusionali con sangue omologo.
Delle rimanenti unità 866 sono
state inviate fuori U.S.L. principalmente negli ospedali sede di
trapianti di organo.
Nel nostro Presidio nel 1999 sono state
utilizzate 1563 trasfusioni omologhe.
Sebbene nel nostro ospedale
non sia mai stato istituzionalizzato un Comitato per il buon uso del
sangue (che è presente, comunque , a livello di U.S.L. 8 ) c'è
sempre stata una grande collaborazione tra i medici trasfusionisti e
i medici richiedenti in modo da razionalizzare la pratica
trasfusionale.
Perciò , grazie a questa azione congiunta , si è
per esempio azzerata la terapia trasfusionale nelle anemie in
gravidanza ed in quelle post-partum. Anzi , l'utilizzo di trasfusione
nel paziente "giovane" si è nell'insieme ridotta a quei
casi dove, realmente , l'urgenza clinica era reale e si era veramente
di fronte al "rischio vita".
Anche l'utilizzo di plasma
e di emoderivati per uso clinico viene ponderato caso per caso
tramite uno scambio dialettico tra il medico richiedente e il
trasfusionista , e , nell'insieme , una revisione critica ha condotto
ad una terapia più mirata e, quindi , più contenuta.
Nonostante
ciò , su diversi punti si potrebbe attuare un controllo ancora più
stretto anche considerando i pazienti caso per caso : per esempio
ormai dovrebbe essere superato il famoso limite dei 7gr/dl come
valore soglia al di sotto del quale la trasfusione dovrebbe
considerarsi indispensabile.
Personalmente credo che si dovrebbero
evitare generalizzazioni ma dovremmo metterci in una posizione di
disponibilità verso il nuovo anche al fine di permettere un ritorno
qualitativo di non poco conto .
Certamente un'attenta valutazione
delle reali necessità di terapia trasfusionale non può esulare
dalla valutazione del rischio infettivologico legato a questo tipo di
trattamento.
è vero che molto è stato fatto per garantire la
sicurezza del sangue e degli emoderivati:
- miglioramento della
sensibilità e della specificità dei test diagnostici obbligatori
per legge su ogni donazione (Epatite B, C, AIDS , Sifilide)
-
prossima introduzione del test per la ricerca dell'antigene per
l'epatite C , e non dell'anticorpo come fatto sinora , con notevole
riduzione del periodo "finestra";
- tecniche di biologia
molecolare, secondo direttive europee , su pool di plasma , nella
produzione industriale di emoderivati;
- impiego di trattamenti
sofisticati , tipo, solventi-detergenti capaci di neutralizzare
alcuni agenti patogeni;
- utilizzo di donatori volontari e ,
possibilmente periodici , ben informati sull'autoesclusione;
-
emanazione da parte della Società Italiana di Medicina Trasfusionale
di linee guida estremamente restrittive sulla selezione del
donatore
- utilizzo di filtri per emazie capaci di bloccare la
trasmissione dei citomegalovirus;
Nonostante questo , anche se il
rischio legato alla trasfusione si è effettivamente molto ridotto ,
non sarà mai possibile arrivare al "rischio zero".
Da
un lato infatti il periodo finestra , cioè il tempo che intercorre
tra il momento dell'infezione e la comparsa dei relativi anticorpi
che ci permettono di evidenziare l'infezione stessa con l'avvento dei
nuovi test diagnostici tende a ridursi sempre di più dall'altro si
sta evidenziando una patologia post-trasfusionale nuova.
Ricordo
brevemente:
- i virus dell'Epatite non A, non B, non C , fino alle
varianti di gruppo G;
- i patogeni mutanti del virus dell'epatite
B , manifestatisi dopo le vaccinazioni anti-epatite B.
- il
Parvovirus B 19 (che ha colpito soprattutto gli emofilici);
- la
famiglia degli Herpes Virus ( che possono essere letali nei soggetti
immunocompromessi);
- I prioni ( responsabili forse di una
variante della Malattia di Creutzfeld-Jacob più nota come malattia
della mucca pazza);
A questo si aggiunga l'effetto
immunodepressivo conseguente alla terapia trasfusionale, effetto
altamente negativo nel decorso di alcune patologie tumorali ,
specialmente del colon-retto.
Tale immunodepressione potrebbe
rendere i traumatizzati più suscettibili alle sepsi e, in generale,
potrebbe ritardare il recupero di molti pazienti.
Per tutti questi
motivi , e per razionalizzare la risorsa sangue è necessario che la
pratica trasfusionale venga applicata valutando attentamente il
rapporto rischio-beneficio e soprattutto prendendo in attenta
considerazione tutte le alternative oggi disponibili.
Lascio le
proposte operative per un buon uso delle metodiche mediche ,
chirurgiche e strumentali ai colleghi chirurghi ed anestesisti,
certamente più competenti di me in merito a queste problematiche.
Concludo auspicando l'istituzione di un Comitato per il Buon Uso del
Sangue anche nel nostro presidio ospedaliero in modo tale che tutte
le possibili alternative vengano realmente analizzate e che tutti
insieme , abbandonando i preconcetti , possiamo aprirci a quelle
novità che possono essere talvolta sinonimo di crescita umana e
professionale.
Dott.ssa Paola Vannini